“Biglietti, prego”.
A parlare era stato un anziano signore con la barba bianca e il viso rubicondo che, nonostante non fossi mai passata di lì, aveva un’aria familiare. “Biglietti” aveva ripetuto a voce più alta, mentre la folla si accalcava all’ingresso del Museo.
“Il suo biglietto, signorina?” fece quindi l’uomo, questa volta rivolgendosi proprio a me. Così io mi sentii quasi in dovere di infilare le mani in tasca, fingendo di cercare un biglietto che in realtà non avevo mai acquistato. In tasca trovai però un biglietto sgualcito ma ancora leggibile di un treno che avevo perso per un soffio: lo porsi all’addetto, lui lo controllò e, senza farmi troppe domande, lo obliterò, indicandomi l’entrata con un gesto della mano.