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    Mandami un po’ del tuo cielo

    pink sky
    Agosto 2015 – o meglio 2k15 perché fa più figo – è stato anche questo: una carrellata di pezzi di cielo visti dai punti più disparati del mondo.
    Color rosa flamingo. Puntellati di stelle. Ingombri di nuvole.
    Filtrati e ritagliati in formato 612×612. Descritti con parole proprie o di qualcun altro. Condivisi.

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    Memorie di un’assistente (Roma e un hotel a cinque stelle)

    roma

    Mercoledì mattina. Il traffico di Napoli e un borsone sulle spalle e Miranda che chiama e una lista di cose da fare certamente più lunga del primo caffè della giornata.
    E questa sono io versione Andrea Sachs a.C. (ovvero prima di Chanel).
    La stessa – più o meno – che si è svegliata il giorno dopo nella 110 di un albergo, con la colazione servita in camera e con le più che lecite domande di quando ci si sveglia in un letto nuovo: “Dove sono? Come ci sono arrivata?”

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    Ti voglio bene, senza alibi

    Aspettiamo: i compleanni, i natali, i funerali. Non importa quanto, noi aspettiamo: che sia il momento giusto. Che ci sia un motivo. E che sia valido, o almeno abbastanza a darci il permesso e il beneplacito e la benedizione divina. Abbiamo coscienza del tempo che passa, ma noi preferiamo aspettare: di trovare un alibi. Una scusa quantomeno plausibile, ai nostri occhi come a quelli del mondo intero. Un orario decente.

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    Prendi un pezzo di nuvola

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    Prendilo, un pezzo di nuvola. Allunga la mano al cielo quel tanto che basta a superare il confine di questa e quell’altra realtà: e afferralo. Aprilo. Riempilo di quel groviglio di forcine e sogni di cui sono fatte le borse delle donne.

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    Ballare: un po’ come rinascere

    Non è necessario morire per rinascere a nuova vita. Ma solo pensare – e volere – che ciò sia possibile.

    E poi indossare un paio di scarpette da ballo.
    Immaginare di essere – corpo e mente – a Cuba.

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    Nevica, su Napoli e su me

    31 dicembre 2014

    Voce del verbo “nevicare”.
    Ovvero quando la neve viene giù da chissà dove e tu, per quanto triste o felice sia, non puoi fare a meno che alzare lo sguardo. Anche solo per un istante.
    Giusto il tempo di meravigliarti. Di smarrirti e perdere la cognizione dei tuoi stessi piedi.
    Di credere.