C’è un momento, alla fine dell’estate, dove nel mezzo della nostalgia del rientro mi assale una gioia inaspettata. La gioia semplice di tornare a casa. Quella rilassante di dormire nel proprio letto. La gioia sincera del bidet. Del profumo di bucato. Quella rassicurante di riprendere le fila di quel libro che avevo lasciato a metà perché c’era ancora troppo da leggere prima della partenza ma troppo poco per portarmelo in viaggio. La gioia fiduciosa delle liste di cose da fare, che domani è pur sempre settembre. Dei conti da chiudere, delle porte da aprire. Dei negozianti che tolgono il cartello delle ferie. La gioia vera dei caffè con gli amici che tornano in città dalle più svariate parti del mondo o con quelli che ti stavano aspettando, conservandoti il posto. La gioia segreta e non instagrammabile della normalità, e dello sforzo quotidiano di difenderla dall’indifferenza.
Ho sempre provato una specie di vergogna nella gioia che sentivo alla fine delle vacanze invece di una più sana e più socialmente accettabile noia. E per questo quella gioia l’ho tenuta sempre nascosta, ne ho goduto privatamente o confidandola con estrema cautela a qualche altro pazzo come me.
Oggi no, oggi faccio #comingout: che bello partire, ma che bello tornare.