Stiamo facendo programmi per quando tutto questo finirà. Stiamo usando parole nuove, o almeno tali nel nostro vocabolario quotidiano: assembramento, pandemia, quarantena. Stiamo ridefinendo il significato di quelle vecchie, di quelle facili: libertà, casa, abbraccio. Tempo. Stiamo sbirciando negli interni delle case dei nostri amici e dei nostri datori di lavoro. Stiamo facendo torte. Stiamo attingendo alla nostra creatività più vivace pur di sentirci più vicini e più coraggiosi. Stiamo cambiando, in meglio o in peggio lo scopriremo poi. Stiamo benedicendo l’internet e i social network, che questa volta – per una volta! – ci stanno rendendo più sociali. Stiamo aprendo i cassetti per controllare se i nostri sogni stiano ancora lì. Stiamo assistendo a concerti, letture e sante messe in diretta streaming. Ci stiamo affacciando ai balconi, e forse non lo facevamo da un po’. Qualcuno di noi sta pregando, tutti stiamo rivolgendo un pensiero pieno di gratitudine a chi, là fuori, sta combattendo. Stiamo riscoprendo una vita homemade. Stiamo leggendo, tanto. Stiamo collezionando meme. Alcuni lo stanno diventando, dei meme. Ci stiamo videochiamando senza il timore di farci vedere brutti nei nostri outfit improponibili. Stiamo sentendo la mancanza di ciò che avevamo e anche di ciò che non credevamo di avere. Stiamo facendo pulizie radicali e ritrovando cimeli che avevamo dato per dispersi. E sì, stiamo facendo esperienza della noia.
Perché a noi che siamo l’epoca del fare (che poi fare bene o fare male, non è questo il punto), a noi che siamo costantemente occupati, stressati, oberati, il non fare fa paura. Ci siamo talmente adagiati alla consolatoria idea di aver sconfitto la noia per sempre, che quello spazio vuoto, quel non sapere cosa fare di cui abbiamo un vago ricordo infantile, ci sembra un luogo ostile, inospitale, da evitare con ogni mezzo a nostra disposizione. E così, armatici di tutti i parteciperò di cui le nostre agende e il nostro fegato sono capaci, e di abbonamenti a case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale, viviamo nella speranza che qualcosa, qualsiasi cosa che sia vagamente interessante, discutibilmente bella e utopisticamente utile, catturi la nostra attenzione e ci salvi da quel mostro chiamato noia.
Quello che tuttavia spesso ignoriamo è il potenziale intrinseco della noia. Con la sua capacità di porci davanti all’esigenza di affacciarci all’ignoto, di sperimentare, di provare qualcosa di nuovo. Con la sua naturale propensione a farci vedere le cose dentro e fuori di noi con più chiarezza o semplicemente da una diversa prospettiva. A farci mettere in ordine le idee, e le priorità. A pensare senza pressione o condizionamento. Ad approfondire. Persino ad avvertire l’urgenza di impiegare in maniera più costruttiva o anche solo più soddisfacente il nostro tempo. Dopotutto, ricordiamocelo ogni tanto, le storie migliori nascono sempre da una pagina bianca.
Non abbiamo sconfitto la noia,
abbiamo solo creduto di potervi rinunciare.