Torno subito. Giusto il tempo di un thè e una fetta di strudel, qui, seduta nel Cafè Lilie che mi fa sempre venire voglia di scriverci un libro tanto è composto ed elegante e pieno di profumi buonissimi il caos che c’è.
Il tempo di respirare: l’aria purissima che c’è tutto intorno. Di pensare, con la testa letteralmente tra le nuvole a 2000mt di altitudine. Di sorprendermi: della neve in aprile e del fatto stesso di continuare a sorprendermi delle cose semplici. Il tempo di perdermi, in certi boschetti e tra gli scaffali di una biblioteca piena anch’essa di tanto verde. Di riposare. Di cercare, fosse anche solo le uova colorate in un prato, come è di usanza da queste parti il giorno di Pasqua. Il tempo di un brezel col burro, quello fatto a mano e messo nelle formine. Di guardare, l’orizzonte lontanissimo che si vede quando sei in alto e ci sei arrivato con fatica. Di sentirmi lontana ma non estranea, dal momento che questa casa dal tetto spiovente io la considero un po’ mia e non perché vengo a trovarla da quattordici anni a questa parte. Il tempo di riconoscere, con mente lucida e occhi lucidi, le cosechecontanodavvero che troppo spesso si confondono tra le banalità e gli affanni del quotidiano. Di trovare un rifugio, di montagna e del cuore: arredato di tappeti rossi e credenze in legno e di calore. Il tempo di un bicchiere di vino rosso e di un tagliere di speck che sto già organizzando un camion per portarmene a casa una buona scorta. Torno subito: il mio thè ai frutti di bosco è quasi finito e così lo strudel, ma torno perché certi viaggi, quelli che prescindono dal punto di partenza e dalla meta, non lo sono mai del tutto.