Il capitolo che nella tesi non c’è lo voglio scrivere qui. Quando la festa è finita ma l’entusiasmo e la felicità no.
Dopo gli applausi e i girasoli che mi hanno inondato la casa e le telefonate lunghissime e i messaggini di quelli che ti fanno sorridere e non te ne accorgi, dopo pagine e pagine e giorni prima dell’esame e panini con la mortadella dopo l’esame, e le serie tv in pausa nell’aula studio coi pop corn e amici conosciuti tra i banchi come fossimo alle elementari, e le mattine in biblioteca e i pomeriggi in giro per la città alla ricerca di mille spunti e mille lavori. Dopo i cappuccini, tanti, troppi forse ma mai abbastanza per questa vita e i caffè buttati giù come fossero shot di tequila e karaoke improvvisati e gli incoraggiamenti e gli scoraggiamenti e i nervosismi e i tanti quesiti, alcuni dei quali ancora senza risposta, e le risate e re e regine disegnati sui banchi e le agende piene e forse un mattino andando… e il sonno che “recupererò forse solo quando sarò morta” (cit.) e le canzoni in occitano che ti fanno battere il cuore e le traduzioni di latino che ti fanno scoprire le verità del mondo e i kebab e il ragù e il semaforo di Piazza Borsa che tra tutti è il mio semaforo e Porta di Massa alle cui aule piace cambiare, e tutto questo e tutto il resto.
Dopo i coriandoli e l’alloro in testa che fa subito nelmezzodelcammindinostravita e i fiumi di champagne e i sacrifici e il coraggio e il tuo prof. che ti sussurra brava dall’altro lato della cattedra e i festeggiamenti col botto e i miei conclamati problemi coi tappi delle bottiglie e i nonni e gli zii e i cugini e gli amici che hai conosciuto nel corso della vita nei più vari modi e gli abbracci di chi c’è stato, chi ha fatto di tutto per esserci, chi è passato anche solo per un minuto e chi non ce l’ha fatta.
Alla fine, che però non è la fine, ho solo una parola, che però è un sentimento, nella testa e nel cuore: grazie.