appunti

Quello che mi ha insegnato Alice

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Ho letto Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Alice attraverso lo specchio da grande. Qualche manciata di settimane fa. In quel tunnel più o meno carico di meraviglie che è la metro. Andando avanti e indietro nel libro per capire proprio tutto o almeno quello che c’era da capire e godermi il resto.

E quello che ci ho trovato è stato un mondo sì fantastico, ma comunque un mondo possibile. Più vicino al nostro di quanto siamo soliti pensare.

Quella che ho conosciuto è Alice, una bambina di circa 7 anni che, all’improvviso, si ritrova di là: dall’altra parte di non si sa bene che cosa. Senza mappe e istruzioni e bussole a indicarle la via ma senza mai perdere l’orientamento e il senno perché a guidarla è il suo buon senso di bambina inglese, ben educata, sveglia e allegra quanto basta.

Quello per cui ho riso e pianto e riflettuto è che, di là, Alice incontra tanti personaggi: pesci che declamano strane poesie, tartarughe che piangono, gatti che ridono, regine con l’hobby di tagliare teste altrui, cavalieri che cadono continuamente da cavallo, re che dormono, bambini che diventano porci e un cappellaio che beve il thè delle 6 da sempre e per sempre, condannato ad un eterno presente colpevole di aver ammazzato il tempo.

E quello che ho capito è che si può cambiare tante volte nella vita o anche in una giornata. Che all’improvviso ti ritrovi grande, poi di nuovo piccola e di nuovo grande senza che tu te ne accorga. Che a volte gli altri non ci capiscono ma forse siamo noi a non ricordare più come si fa, a farsi capire. Che ci si può sentire confusi, di là. Fuori contesto. Che talvolta non si ha la minima idea di dove andare e di chi fidarsi oltre la tana di quel coniglio bianco col panciotto e l’orologio da taschino. Ma che alla fine di quella partita a scacchi più grande di noi che è la vita, anche una bambina può diventare regina.

 

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