Milano, inizio ottobre. E io che, da quando sono scesa dal treno fino a quando ci sono risalita, non ho potuto fare a meno di pensare: è tutto uguale, è tutto diverso.
E’ uguale: il Duomo, i piccioni, quel cielo grigio, Danilo e Maurilio che mi aprono le porte di casa e mi spalancano quelle del cuore, Angela detta Amorillo, Annachiara e Giovanni che giuro non ci eravamo dati appuntamento. Ed è ancora uguale: il tram n. 24, la cotoletta da Amici Miei, via Dante, il brunch di domenica, i navigli che di notte diventano magici, la galleria dorata e affollata, la voce di Patrick Nigro che ha un effetto balsamo sul mio cuore.
E’ tutto uguale, eppure tutto è diverso.
Quella città che ha sempre rappresentato l’approdo di una fuga da qualcosa (più che altro da me stessa), questa volta è stata la meta di un viaggio (più che altro dentro me stessa).
Contraddistinto da quella curiosità che è propria dei viaggi tutti e dell’esplorazione di qualcosa di nuovo. Dalla sorpresa di trovare un abbraccio appena scesa dal treno. La commozione di incontrare Chiara Gamberale e di sentirmi capita. La preziosità di certi momenti che solo una pura di cuore e di voce come Erica Mou avrebbe potuto regalare. Dalla fame, letteralmente parlando, di assaggiare il mondo intero all’Expo. Dalla tranquillità nel cuore e nelle gambe. Ma soprattutto dall’amore. Quello sempre. Per questa vita e per questo mondo.