Ci sono partenze che assomigliano a ritorni. E luoghi che non ti chiedono dove e per quanto sei stata via: loro sono ancora lì, esattamente come li avevi lasciati. A ricordarti che casa la si può trovare anche a novecento kilometri (più otto ore di macchina a cantare Cremonini e una ciambella in Autogrill) da casa: con le dolomiti a fare da pareti e cascate scintillanti come fontane, ma pur sempre casa.
E così sono tornata lì: sui monti. Dove il cielo è così vicino da poterlo toccare allungando una mano. Al confine estremo, tra due stati e due stati d’animo. Tra sentieri e percorsi e itinerari che il navigatore non conosce ma il cuore non ha paura di esplorare.
Ho fatto colazione al caffè Lilie. Ho bevuto birra e mangiato wurstel a Monaco. Ad Oberbergersee, ho respirato. Ho visto un castello fatto al 20% di mattoni e all’80% di favola. Ho dormito con il plaid e i riscaldamenti accesi il 15 di agosto. Ho attraversato cascate e montagne strettissime stando attenta a non guardarmi indietro. Ho rincontrato Dona (e conosciuto Salvio) dove era l’ultima cosa che mi aspettavo di fare. Ho sorriso ai monti e ho fatto ciao alle caprette. Ho fotografato. Ho letto intensamente. Intensamente ho pregato in una chiesa piena di alberi.
E ho ricordato.
Ci sono partenze che assomigliano a ritorni, ma ci sono anche ritorni che assomigliano a nuove partenze: perché certi luoghi possono restare sempre uguali, ma i tuoi occhi – e il tuo modo di vederli e viverli quei luoghi – no.